“CONTEMPLERÒ IL TUO VOLTO; MI SAZIERÒ, AL MIO RISVEGLIO, DELLA TUA PRESENZA” SALMO 17:15
Non c’è mai stata popolazione che non abbia creduto in qualche forma di vita dopo la morte: che sia il tranquillo terreno di caccia dei Nativi Americani o la felice dimora sensuale del paradiso dei Musulmani. Come si spiega ciò? Molto tempo prima che vi fosse conoscenza di tutte queste credenze sparse per il mondo, Cicerone disse: “In ogni cosa il consenso di tutte le nazioni si deve stimare quale legge di natura, e resistervi, è il resistere alla voce di Dio.” Nella notte in cui Socrate morì, Critone gli chiese: “In che modo vorresti che ti seppellissimo?” Egli rispose: “In qualunque modo tu voglia, solo tu devi afferrarmi e avere cura che non mi allontani da te.” Nel suo “Fedone”, Platone presentò argomenti solidi in favore dell’immortalità.
Anche altri autori hanno sostenuto la teoria della immortalità: grandi pensatori come Thomas Carlyle, Thomas Jefferson, e il poeta tedesco Heinrich Heine. Il poema più famoso di Alfred Lord Tennyson recita: “E sebbene lontano dai nostri confini di Tempo e Spazio la corrente mi trasporterà, spero di vedere in volto il mio Timoniere quando avrò superato la secca.” E Byron scrive: “Sento la mia immortalità travolgere tutti i dolori, tutte le lacrime, tutte le paure; e risuona, come gli eterni tuoni dell’abisso, nelle mie orecchie, questa verità, tu vivi per sempre!” Tutte queste grandi menti condivisero la convinzione del salmista: “Quanto a me, per la mia giustizia, contemplerò il tuo volto; mi sazierò, al mio risveglio, della tua presenza.” Con questo in mente, “buonanotte” quaggiù significa semplicemente “buongiorno” lassù.